Sì, mamma, c’ero anch’io tra quegli studenti. Scusami, lo so che ti ho detto una bugia, non sono andato a scuola stamattina. Ho approfittato di quel tuo convegno a Roma… sei partita presto e speravo di parlartene stasera; tu saresti tornata tardi, stanca come spesso accade, ma sono sicuro che mi avresti ascoltato lo stesso. Avevo deciso già da giorni insieme a Luca, Sofia, Giordana e Giovanni, che non avremmo fatto finta anche stamattina che sia tutto normale. Non mi piace per niente questo mondo che ci state lasciando: si muove al contrario rispetto alle fiabe che mi leggevi da bambino, ti ricordi come ridevamo alla fine, quando il Bene trionfava? E invece, perché al di fuori di quei libroni colorati, in questo mondo che è sempre più in bianco e in nero, il Bene soccombe tutte le volte? I poveri in quelle storie diventavano ricchi; gli orfani trovavano una famiglia; i maltrattati venivano ricoperti d’amore, e invece ora? Dov’è il lieto fine? Com’è che lo abbiamo fatto scomparire, tu me lo sai spiegare?
La Torre mi guardava stamattina: sono sceso presto, poco dopo che sei partita, e ho fatto il giro largo. Ci sono passato davanti e poiché ho immaginato che fosse meno stanca di te – è pur sempre di marmo – ho posto questa domanda a lei e … non ci potrai credere, mamma, ma sono sicuro che si sia piegata ancora di più! Sì, lo so che gli studiosi dicono che è inclinata da sempre, che è colpa della geologia e che le tonnellate dei contrappesi di piombo l’hanno vista sopravvivere alla seconda guerra mondiale e a numerosi terremoti, ma secondo me quello che stiamo vivendo oggi deve aver scosso persino lei. Ha basi solide certo, tutti i colossi ne hanno bisogno, ma il troppo è troppo, mamma. Voleva dirmi questo stamattina, chinandosi ancora. Tu sostieni sempre che sono un idealista incapace di calarsi nella realtà, ma non è vero. Oggi l’ho dimostrato, anche la Torre mi ha dato la sua approvazione.
Fiero di questo segno, sono andato all’appuntamento con i miei amici, faceva freddo, era molto presto. Abbiamo fatto colazione al bar di Gino, anzi, scusami… passeresti a pagarlo domani? Avevo dimenticato il portafogli e volevo offrire io: oggi è il mio onomastico e io lo voglio festeggiare il motivo per cui mi chiamo Livio. Papà mi racconta sempre che ero bluastro quando nacqui, come quasi tutti i bambini prematuri, e che tu cambiasti all’ultimo il nome che avevate già deciso – Manuel – nella speranza che il mio colorito non rispondesse all’etimologia e mi donasse un carattere non astioso né livido, ma sereno e gentile. È proprio quello che è successo, mamma, e io sono sicuro che sia avvenuto per merito delle favole e dell’amore con cui sono stato cresciuto. A me non è mai mancato nulla e ho sempre dato per scontato che fosse così per tutti i bambini del mondo. Però, da quando mi lasciate usare Internet, e sono anni ormai, io lo so che non è così.
Sì, le guardo ancora le immagini della pagina Instagram di “Eye on Palestine”, mi dispiace di averti raccontato un’altra bugia. Mi rendo conto solo ora che sono già reo confesso di più menzogne, ma io gli occhi su questa cosa li voglio tenere aperti, mamma! E se ci sono delle persone con degli eyes che vedono più di me, perché devo coprire i miei e anche i loro? Tu non l’avevi questa possibilità di conoscere a fondo le cose, ma credi che sia un motivo giusto per negarla anche a me? Non devi preoccuparti se a volte non riesco a dormire per quello che vedo: io ne sono orgoglioso; credo che perdere qualche ora di sonno sia il giusto prezzo da pagare per chi è colpevole. Anche se non ho fatto niente di male, io mi sento proprio così: colpevole. In fondo io so solamente guardare, non faccio altro.
Stamattina ho voluto rimediare, perciò sono andato a manifestare. Volevo trovare un po’ di conforto in quegli slogan; anche se sono solo slogan, mentre li urlo sento che la mia voce arriva fino alla striscia di Gaza e la fa allargare un po’. Ho pianto tanto quando alle scuole medie mi hanno mostrato “Il bambino dal pigiama a righe” e allora la prof per farmi calmare mi disse che il passato non può ritornare perché gli uomini hanno imparato dalla storia, ma mi mentiva anche lei. Perché hanno ammonito Ghali quando ha detto a Sanremo la parola genocidio eh, mamma? Perché non si può dire questa parola in Tv? Tu sei innamorata delle etimologie, lo sai bene cosa significa, e sai anche che è il termine esatto da usare in questa circostanza, e allora perché discutono se promulgare una legge in cui gli artisti non possono parlare di politica? E da quando la pace è un affare politico? Non è il concetto più nobile, più prezioso e insieme il più fragile che esista? E allora se è indifeso io lo voglio proteggere, mamma, come mi hai insegnato tu e mi ripete sempre il mio professore di storia. È cambiato quest’anno, è un uomo fiero e degno, non come quella donna ossuta dagli occhi spenti dei primi due anni, che ci metteva a leggere per farci stare buoni, mentre lei puntualmente sfogliava “Libero” on line. Io LIBERO lo voglio essere davvero, e tutti i poveri di sogni lo devono essere insieme a me.
Non ho capito bene perché sono finito a faccia a terra, mamma. Avevo uno straccetto bianco tra le mani, l’ho preso a casa tra quelli per la polvere, scusami, ora è tutto rosso e non mi ricordo se le macchie di sangue vanno via, ne hai altri, vero? Ci avevo disegnato sopra la parola pace, ma non sono riuscito a sventolarlo a lungo. Giovanni era davanti a me e urlava forte : “Palestina libera” ma non mi risulta che i decibel siano armi. O forse lo sono diventati? È nella stanza accanto alla mia, pare che una manganellata gli abbia rotto il setto nasale, a me è andata meglio: il ginocchio mi sanguina ma mentre mi mettevano i punti sono stato bravo, non ho versato neanche una lacrima, ho pensato alle bombe che hanno portato via gli arti ai bambini di Gaza e mi sono detto: “Che vuoi che sia!”.
Immagino che tu stia piangendo ora. Papà mi sta venendo a prendere, non è arrabbiato: al telefono mi ha detto che sono stato coraggioso, ma lo sai, lui è di poche parole. Vorrei che tu mi parlassi a lungo invece, per questo ti sto scrivendo e non ti chiamo subito; voglio darti il tempo di metabolizzare le notizie, di riflettere, altrimenti mi inonderai di parole e di preoccupazioni, ma non è per me che le devi spendere, mamma: io sto bene, c’è chi ne ha più bisogno in questo momento e purtroppo non abita nei nostri paraggi. Tu però mi hai insegnato che la casa del mondo è condivisa; che il mare è una culla e non può diventare una tomba; che non bisogna interessarsi solo di quello che ci tocca da vicino; che il dolore degli altri va preso sulle nostre spalle per dimezzarlo; che se qualcosa non ci sembra giusto occorre agire per cambiarlo. E allora agisci insieme a me, mamma. Ti prego, anche se sei stanca, anche se hai paura, vieni stasera con me. Indosseremo delle lenzuola bianche sul capo e vi scriveremo STOP alla guerra, STOP alle armi, STOP al genocidio. Piazza del Cavaliere era vicina, ma la polizia non ci ha fatto arrivare, io non lo so il perché, forse lo sapevano i manganelli, devo provare a chiederlo a loro: magari parlano, come la Torre.
Non mi chiedere di stare a casa, non ce lo chiedete più, mamma. Vogliateci nuovi, attivi, veri, consapevoli, critici, saldi di fronte al dolore, impavidi dinanzi ai divieti che non condividiamo. Non chiedeteci solo di non essere più schiavi dei telefoni, ma anche di non essere mai più schiavi della guerra. Se da adulti non ne avete il coraggio, lo troveremo per noi e anche per voi.
Ps: ho deciso che se le guerre finiranno, da grande farò una figlia e la chiamerò FUTURA, come la tua canzone preferita. Sarà di buon auspicio, esattamente come il mio nome lo è stato con il mio carattere.
Livio
BIP – BIP – BIP: “Sono ancora in azienda, amore. Ho una riunione che ho appena deciso di saltare, corro in stazione e prendo il primo treno. Ho visto tutto: qui c’è uno schermo gigante e ho riconosciuto la tua felpa verde. Ci vediamo in Piazza del Cavaliere alle 20. Sono fiera di te. Se non sapessi che è tua, pregherei affinché questa lettera l’avesse scritta mio figlio. Ti voglio bene.
Mamma
8 risposte su “La torre di Pisa parla”
Bellissimo,
le lacrime scendono senza che me ne renda conto.
Quante verità, bravissima Manu
❤️
Superba. Oggi mi sono commosso ritrovandomi a lottare accanto a Livia guidato dalle tue parole.
Felice di averti sempre accanto a me. GRAZIE ❤️
Complimenti sinceri. Il racconto è davvero Molto Emozionante, ed è tanto! Mi ha portato poi ad una riflessione forse un pò fuori tema.
Erri de Luca alla radio parlava di mancanza di adultità delle attuali generazioni genitoriali, i 40enni. Il neologismo mi ha spiazzato, ci siamo ritrovati in età adulta senza adultità, senza una nostra battaglia davvero combattuta(?!)
Qui mi viene Il dubbio: se i nostri genitori, che hanno fatto le loro battaglie (molte perse, ma combattute!) non sono riusciti a trasmetterci il filo conduttore di quest’ impegno sociale, potremmo riuscirci noi che mai abbiamo combattuto davvero, a trasferirlo ai ragazzi? o forse sono proprio questi i cicli dell’evoluzione sociale? Forse siamo noi il maggese? Generazioni forti spesso sono state succedute da quelle deboli e viceversa. E’ forse l’accettazione intima di questa sconfitta, il Valore che potremmo trasferire ai nostri figli ?
Ciao, Roberto. Innanzitutto, grazie per il commento. Ha portato anche me a delle riflessioni inaspettate. Cercherò l’intervento di Erri De Luca, che amo molto. Adultità è un termine pienissimo di significati e quanto mai indovinato per descrivere -ahimè- la figura genitoriale di oggi. Non ho le risposte al tuo interrogativo così importante. Pensarci come maggese, (ah, complimenti per la metafora: la trovo sublime), mi repelle un po’; mi posiziono con più facilità dalla parte dei sognatori e continuo testardamente a trasmettere ai miei ragazzi la necessità di schierarsi, di non stare a guardare, di non rifugiarsi in certezze date da altri e non verificate. Se da queste battaglie dovesse nascere una sconfitta, va bene uguale, avranno almeno tentato. E ti risponderò con le parole di Bianca, una mia alunna di seconda media che, dopo aver appreso dei fatti di Pisa, alla mia domanda su chi di loro sarebbe tornato a manifestare per le strade di Pisa la sera stessa, mi ha risposto, fissandomi con uno sguardo fierissimo e senza alcun tentennamento negli occhi : “IO!”.
Mille Bianca fanno un “esercito” di terreni coltivabili e non a riposo.
Un abbraccio
Un racconto davvero bello e toccante, da mamma di una quasi adolescente spero di trasmetterle la forza e la voglia di voler far sentire sempre la sua voce e di NON soccombere mai.
Finale davvero bello! Brava
Grazie mille ❤️