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Grottescamente carezze

Trascorriamo poco tempo insieme.

La vita a quaranta, cinquanta, richiede produttività, impegno, e noi produciamo e ci impegniamo. Tu produci dobloni ed emozioni insieme; io mi limito alle emozioni, con i dobloni non ci ho mai saputo fare. Spesso il nostro filo è mamma: mi piace ricordarla con te perché scopro sempre qualcosa che non sapevo o che avevo dimenticato.
Oggi siamo in giro per lei.

Anche al cimitero vigono le regole; se regnasse l’anarchia diventerebbe velocemente la Foresta Nera e tutti spingerebbero qualche bottone per avere la tomba in prima fila, come nel più gettonato dei lidi turistici. Noi alle regole crediamo e allora andiamo a comprare le piantine che, in un unico vaso, ridaranno decoro e omogeneità ai sepolcri. Il vivaio non è lontano, ma l’orcio che ci portiamo dietro sul motorino è enorme e ho la sensazione di stare dietro a un ubriaco: sbandiamo un pochino, e il pensiero vola a quel terriccio sotto la chiesa che in una mattina di tanti anni fa mi sorprese a culo a terra insieme a te. Là scoprii che pure tu potevi cadere.

Mi tengo forte mentre cerchi un asset difficile da sostenere e arriviamo al vivaio. Ma… dove sono le piante? È 9 novembre, perché già ci appaiono le renne luminose? Aiuto! I bambini ci circondano, mentre noi, accecate dalle luci di Las Vegas, corriamo a cercare le creature verdi. “Sono state spostate di là”, dice un commesso dall’aria gentile con la pettorina “Green Village”, mentre mandrie affamate divorano tranci di pizze innaffiate da fiumi di coca-cola.

Siamo felici di vedere che la direzione indicata è lontana dalla folla, ma le piante sono sfortunatamente al buio e le scegliamo con la torcia dei nostri telefoni, sicure che alla luce saranno esattamente il contrario di ciò che avevamo intenzione di scegliere. Due ragazze sorridono a queste nostre consapevolezze espresse ad alta voce e tutte e quattro esplodiamo in una sonora risata. Alla luce le piante sono belle, invece. A mamma piaceranno, avrà riso della nostra tenacia, della mancanza di esitazione, del problem solving spiccato e mantenuto anche nelle situazioni più grottesche.

A casa il vaso si palesa per le sue misure sproporzionate e occorre comprare ancora chili di terreno. Pesa un accidenti nella salita verso il regno della bella morte, ma non ci lasciamo cogliere impreparate: a cosa serve aver traslocato tante volte, se non si è imparato ad aver sempre a portata di mano una busta gigante Ikea?

Come due equilibristi arriviamo in cima. C’è poco spazio per una preghiera; ci stavano aspettando e non ci si sottrae a chi ha cura della persona più importante della tua vita, anche se non c’è più: sarebbe un anatema. Sembra tuttavia che non ne abbiamo indovinata una stamattina e, nonostante ci sia il sole, piovono critiche da ogni dove; niente paura, abbiamo gli ombrelli adeguati: il nostro inscalfibile buonumore.

A completare il quadretto pirandelliano, si avvicina un tizio; chiede chi sia quella donna davanti alla cui fotografia sono inginocchiata. Mamma! Ma tu lo sapevi che esistono “i guardoni da cimitero”? Noi no.

È tardi, fuggiamo, inizia la Messa. Un po’ di sana e quieta meditazione ci attenderà la prossima volta. Forse. Mamma non ci ha insegnato bene a dire di no; d’altronde lei stessa non lo sapeva fare, come avrebbe potuto insegnarlo a noi? L’incapacità di pronunciare questo monosillabo ci vede protagoniste, di lì a poco, in un happening post-messa tra vecchine, caffè e paste di mandorla. Siamo in leggero imbarazzo e le nostre vesciche stracolme reclamano un orinatoio, ma non osiamo chiederlo. Eppure dovremmo avere pochi liquidi in corpo: ne abbiamo appena versati una quantità infinita, in forma di lacrime, nell’ascoltare un’omelia che sembrava essere pronunciata da Gesù in persona.

Ogni volta che ascolto questo prete penso che vorrei clonarlo, portarlo a spasso con me attraverso le strade della mia aggressiva città, ed interrogarlo come un oracolo su tutte le domande a cui non so rispondere. Cioè, sempre. Me lo immagino, bellissimo com’è, con questo suo sorriso rassicurante che esibisce senza sfoggio anche sull’altare, diventare liquido, come una camomilla, e dirmi di berlo, tanto non c’è assolutamente niente di cui preoccuparsi. Tutto è funzione di qualcos’altro, basta saper attendere che cambi forma.

E mentre ti aspetto che torni dell’Eucaristia, che per la mia pigrizia e non per i miei peccati -almeno spero- non posso condividere con te, scopro che anche da adulti si possono desiderare le coccole. L’idea che sia più naturale farle che riceverle dopo una certa età, mi appare allora per quello che è: un regalo alle convenzioni, al tempo che scorre, ai ruoli disegnati e designati dalla società. In altre parole, una sfacciata bugia.

Provo ad intonare una canzone di cui ho imparato le parole da bambina, ma che mi disorienta ogni volta cambiando la melodia, e tu, che invece le conosci tutte, cantando cantando, con nonchalance mi riempi la testa di carezze. Mi sento un bambino che ha appena finito da solo tutti i compiti o un cane che ha riportato con maestria la pantofola, ma sono stata in silenzio e immobile, non so perché le sto ricevendo.

E in quell’istante capisco: alcune persone passano attraverso di noi, come Whoopi Goldberg in “Ghost” e trovano i gesti più adatti per farci sentire al sicuro. A volte sono carezze. Altre volte è un frigo al ritorno da lavoro pieno di pietanze pronte, che non abbiamo cucinato noi. Si passa anche attraverso i muri per amore, proprio come Whoopi.

L’autostrada scorre veloce e noi sbocconcelliamo una brioche di cui ci affanneremo senza successo a far sparire tutte le tracce. Francy ci scoprirà subito.
Mi tornano in mente quei sedili posteriori su cui ho svolto decine di temi al ritorno dalle vacanze anche per te, che avevi sempre un mal di stomaco e di curve che non te lo consentivano.

Lo sapevo che mentivi, sorella, te lo dico ora. Mi facevo ingannare perché sottraendoti mi stavi insegnando a scrivere. L’unica cosa che mi calma quando il pavimento vacilla.

Ah, non è l’unica: l’altra sono le tue carezze inaspettate, l’ho scoperto oggi.


Ti voglio bene.

6 risposte su “Grottescamente carezze”

È davvero strabiliante, riesci a fare in modo che un evento sia quasi più bello letto che vissuto!
Sei unica, ti voglio bene anch’io 💕

Cristallo, mi vengono in mente gocce di cristallo terso e trasparente , mi sorprendo e mi incanto scorrendo il testo avidamente fino alla fine.

Adoro il cristallo, non trattiene niente per sé e lascia passare ogni più piccolo frammento di luce❤️

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